Riforma della didattica, Catania pronta nel 2009
di Michele Spalletta
Slitta la revisione degli ordinamenti didattici
imposta dal Ministero, che fissa rigidi criteri su docenti e strutture
per i corsi di laurea. Il delegato del rettore, Giuseppe Cozzo: «Lavoro
serio, serve tempo»
Eliminazione dei corsi di laurea con pochi studenti,
razionalizzazione dell’offerta formativa di tutte le facoltà, utilizzo
dei requisiti minimi per l’iscrizione delle matricole ai corsi e
riorganizzazione del personale docente. L’Università di Catania è a
lavoro per adeguare la propria offerta alle nuove linee guida che il
Ministero ha varato qualche mese fa e che riguardano sia le lauree
triennali sia le specialistiche e i corsi post laurea. Tra i “diktat”
del Ministero: meno corsi, e con un numero di docenti e strutture
adeguato a quello degli studenti. L’obiettivo principale di Mussi è la
qualità dei corsi di laurea.
Il dibattito all’interno dell’Ateneo di Catania si è aperto già lo
scorso 19 ottobre, con una lettera inviata al rettore dal professore
Giuseppe Cozzo, delegato alla didattica e presidente della Commissione
paritetica d’Ateneo. Il professore Cozzo faceva presente la necessità
di “esaminare i progetti di trasformazione dell’offerta formativa nel
loro complesso e per grandi aree”, aggiungendo che “non ci sono i tempi
necessari per un avvio consistente dei nuovi ordinamenti per l’anno
accademico 2008/09”.
Già un posticipo rispetto a quanto auspicato in partenza?
Tra
i problemi cui far fronte, secondo Cozzo, quelli relativi ad alcune
facoltà con troppi studenti e pochi docenti e strutture non
sufficienti. «Uno degli strumenti suggeriti dalla legge – precisa il
presidente della Commissione – è quello di indirizzare meglio la
domanda degli studenti, potenziando l’orientamento e utilizzando lo
strumento dei requisiti necessari per l’accesso a determinate tipologie
di studio. Perché è un’assurdità che uno studente che non ha mai
studiato latino, si iscriva alla facoltà di Lettere, per fare un
esempio».
Il rettore Antonino Recca ha risposto a fine ottobre
con un documento in cui, oltre a chiedere alla Commissione paritetica
“uno sforzo generoso per individuare le linee essenziali di
orientamento”, fissava la data del 15 novembre come scadenza per una
“proposta definitiva di regolamento didattico d’Ateneo, da sottoporre
immediatamente all’’approvazione del Senato accademico”.
Dalla
bozza del nuovo regolamento all’effettiva realizzazione della riforma
però i tempi sono lunghi e, conferma Cozzo, «non c’è il margine
necessario per presentare il progetto definitivo del nostro Ateneo al
vaglio del Ministero entro il 31 gennaio, data ultima per far partire
la riforma nel prossimo anno accademico’.
Così l’attuazione
della riforma a Catania slitta al 2009/10. Tuttavia, in attesa
dell’applicazione della riforma, grazie all’autonomia delle singole
Facoltà e entro i parametri della legge 509 che ancora regola
l’Università italiana, i presidi possono già da ora apportare modifiche
all’interno dei propri corsi, per venire incontro agli studenti. E in
parte questo sta già accadendo. La facoltà di Lingue e letterature
straniere, per l’anno accademico in corso, ha già previsto un taglio di
esami, Economia ha disattivato il proprio indirizzo triennale in
Consulenza del lavoro mentre Scienze politiche ha messo in esaurimento
il proprio corso in Scienze della comunicazione.
Tra le
difficoltà maggiori nell’adeguamento ai nuovi requisiti ministeriali,
quelle relative alla riorganizzazione del corpo docente. Per ogni corso
di laurea di primo livello, infatti, secondo il nuovo decreto saranno
necessari almeno 12 docenti di ruolo. E di lavoro ce n’è parecchio da
fare, come dimostra anche una ricerca fatta da “Il Sole24Ore”.
Secondo
i dati del quotidiano economico circa la metà delle facoltà italiane si
trovano in deficit di docenti rispetto alle quote minime fissate dal
nuovo decreto. L’Ateneo di Catania, insieme a quasi tutte le Università
siciliane, si trova in linea con la situazione nazionale. Le carenze di
organico rispetto i nuovi requisiti si contano nelle facoltà di
Economia con 76 docenti sui 112 indicati dal Ministero, Ingegneria (195
sui 268 richiesti), Lingue e letterature straniere (53 su 72), Scienze
politiche (con un ammanco di 35 docenti), Architettura, con 36 docenti
su 40 e Scienze della formazione, che necessita di 13 docenti per
raggiungere la quota necessaria di 64.
Giuseppe Vecchio, preside
della facoltà di Scienze politiche, puntualizza. «Mi chiedo quanto sia
attendibile la ricerca del Sole24Ore, in base ai dati trasmessi da
Scienze politiche. Perché non vengono contabilizzati alcuni docenti che
hanno vinto i concorsi e entreranno in servizio a breve. La conoscenza
analitica dei meccanismi, poco utilizzata dalle inchieste
giornalistiche sulla qualità degli atenei, è indispensabile per evitare
di commettere errori attraverso il rapporto semplicistico fra numeri».
«La
riorganizzazione del corpo docenti all’interno dei corsi di laurea –
aggiunge Giuseppe Cozzo – è sicuramente il problema più delicato da
affrontare, ma questa riforma deve essere portata avanti seriamente,
proprio per rimediare agli errori commessi nel passato, che hanno
prodotto molti problemi. Si spera che con questa riforma le cose
possano migliorare. Noi stiamo lavorando per riorganizzare al meglio
l’Università – prosegue Cozzo – anche se è da sottolineare come il
“pacchetto -qualità” del Ministro non sia accompagnato da un
“pacchetto-risorse”. La nota dolente è sempre quella, la carenza delle
strutture e degli organici, per andare incontro ai criteri fondanti
della riforma, quale il numero “sostenibile” di docenti».
Il
professore Cozzo, che dirige i lavori di riorganizzazione didattica a
Catania, preferisce non parlare di “difficoltà” nell’adeguare gli
standard dell’Ateneo alle nuove direttive, quanto di «volontà di
procedere con molta attenzione. La fretta spesso porta a decisioni che
non sono state sufficientemente meditate. Il nostro problema principale
– continua Cozzo – non è quello di ridurre le materie, portandole da 28
a 20, così come prevede il Ministero. Noi vogliamo riformare veramente,
riprogettando tutta l’offerta formativa d’Ateneo, tenendo conto di
tutti gli aspetti per migliorare la qualità sulla base di questi
parametri».
Qualità innanzitutto. E si capisce bene come questa
volta l’obiettivo sia ben chiaro, visto che a breve tutte le università
saranno sottoposte al giudizio del nuovo Nucleo di valutazione, e
l’elargizione dei fondi agli atenei sarà quantificato in base al parere
dell’Anvur. La questione dunque è molto delicata e richiede, come
sottolinea lo stesso delegato alla didattica, «una riprogrammazione
formativa seria e questo richiede tempo».
I lavori procedono
in maniera certosina, come conferma Gaetano Ficicchia, senatore
accademico e rappresentante degli studenti nella Commissione paritetica
per la didattica. «Nell’ultima riunione di commissione (lo scorso 7
novembre, ndr.) abbiamo lavorato fino a tarda sera sulla bozza di
regolamento didattico d’Ateneo che è stato portato anche al vaglio
delle rappresentanze studentesche, affinché tutti possano dire la loro
su un così importante cambiamento che investirà tutti nei prossimi
anni». La voce degli studenti è stata anche richiesta dallo stesso
Cozzo che, pur comprendendo gli impegni accademici degli iscritti
all’Università, chiede un maggiore coinvolgimento nella discussione.
Insomma,
le difficoltà non mancano e non è concesso sbagliare per non perdere
l’occasione di una vera riforma dell’Università a Catania.
Nell’adeguamento ai vincoli imposti dal Ministero, molti stanno meglio,
ma qualcuno sta anche molto peggio. Se da un lato sono da lodare le
università di Milano e Federico II di Napoli, dove tutti i corsi di
laurea hanno una copertura più che sufficiente di docenti, dall’altro
la maglia nera è condivisa dagli atenei di Bolzano, L’Aquila, Macerata,
Urbino e dalla neonata Kore di Enna. I quattro corsi attivati a Enna
infatti raggiungono, nei casi più gravi (Beni culturali e Economia e
tecnologie dell’agro-alimentare, ndr.), un deficit del 92% di organico,
con un solo docente di ruolo sui 12 richiesti.
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