http://www.autprol.org/Public/news/news000238520122007.htm


20/12/2007: Kosovo, Euskadi, e questione nazionale


Nel giornale basco "Gara", le interessante riflessioni di un militante della sinistra basca sulla questione kosovara.

La
strategia di guerra è semplice. Alimentare i nazionalismi più
reazionari e fascisti per accelerare così la caduta di questa unione di
repubbliche.

E’ evidente, in pieno XX secolo, che la questione
balcanica ha scatenato e scatena numerosi conflitti politici tra le
comunità che fanno parte di questa estesa regione. Questi conflitti
hanno provocato dolore, tensione e odio tra le etnie, ma per
comprendere questa questione è necessario risalire ad alcuni anni fa.

Sembra
incomprensibile il fatto che, di punto in bianco, differenti popoli che
hanno convissuto pacificamente possano scatenarsi in forme di odio
etnico, culturale e religioso. Così è scoppiata la guerra dei Balcani,
ma tutto trova una spiegazione.

Sono innanzitutto evidenti gli
interessi economici e strategici (collegamento tra Asia ed Europa per
il trasporto del gas e di altre materie senza dover passare dalla
Russia) che la NATO e altre potenze avevano ed hanno nella zona. E’ il
motivo che ha provocato l’esplosione della Jugoslavia. Una Jugoslavia
fondata da Tito, in cui i residenti godevano di un benessere sociale
mai conosciuto, in cui i lavoratori (raggruppati nelle leghe comuniste
delle rispettive repubbliche) gestivano le fabbriche mediante assemblee
partecipative.

Perché hanno fatto esplodere la Jugoslavia? A
parte gli interessi prima menzionati, dopo la caduta del blocco
socialista, la Jugoslavia si è rifiutata di accettare il modello
neoliberale che le volevano imporre. L’Occidente, guidato da Helmut
Kohl, aveva un sassolino nelle scarpe che doveva eliminare: la
Jugoslavia.

La strategia della guerra è semplice: alimentare i
nazionalismi più reazionari e fascisti per accelerare in tal modo la
caduta di questa unione di repubbliche. Così, ad esempio, sono stati
armati Franjo Tudjman in Croazia (erede politico del dirigente nazista
Ante Pavelic) o Alija Izetbegovic in Bosnia (un musulmano
anticomunista), che sulla base di pulizie etniche hanno proclamato
l’indipendenza (o per meglio dire, la dipendenza dal capitalismo) dei
loro rispettivi territori.

E così arriviamo alla "crisi serba".
Citerei una battuta non priva di ragioni: in che cosa la Serbia è
simile ad un telefono mobile? Nel fatto che ogni anno tirano fuori un
modello più piccolo. Battute a parte, i filo-fascisti della NATO hanno
preso l’impegno di cancellare dalla carta geografica la Serbia, che si
rifiutava di accettare. Per questo dovevano seguire la strategia che
tanto successo ha avuto negli anni 90.

Dobbiamo tenere in
considerazione che attualmente la Serbia è formata da tre province
autonome: Serbia Centrale, con capitale Belgrado e a maggioranza serba,
Vojvodina, con capitale Novi Sad e a maggioranza serba e ungherese,
sebbene formata da 11 etnie differenti, e Kosovo, con capitale Pristina
che, senza dubbio rappresenta la provincia alla moda.

Il Kosovo è
una provincia autonoma del sud della Serbia, occupata da coloni
albanesi (se Enver potesse vedere…) e dalla minoranza serba, una
minoranza continuamente massacrata e torturata nel proprio paese da
dominatori stranieri (come mi ricorda l’imperialismo spagnolo con il
fatto di Nafarroa…). All’avanguardia di questo massacro si trova
l’UCK, formazione guerrigliera di ideologia fascista e di affari
mafiosi.

E chi arma questi "liberatori"? Naturalmente quelli prima
citati: NATO, CIA, Germania, Unione Europea… con il beneplacito
dell’ONU. Vedendo che questa strategia di lotta criminale non funziona,
si inventano il gioco democratico, trasformano in loro protetti gli
albanesi del Kosovo, si riempiono la bocca della scusa del "diritto
all’autodeterminazione per tutti i popoli" (e dico io, Euskal Herria,
Catalunya, Corsica o Kurdistan?). Per non sbagliare, collocano al
potere l’ex guerrigliero Hashim Thaci per avere tutto sotto controllo.
Così il Kosovo potrà avviarsi lungo il prospero cammino della "libertà
e dell’indipendenza". Così supererà l’oppressione dei "criminali serbi".

In
quanto membro del movimento giovanile, di solidarietà e
internazionalista, mi piacerebbe cogliere l’occasione per denunciare
questa farsa indipendentista kosovara. Mi piacerebbe denunciare questo
nazionalismo reazionario, fascista e borghese.

Lottiamo per una
Euskal Herria libera, socialista, unificata, euskaldun,
anticapitalista, solidale e internazionalista. Lottiamo tutte e tutti
per la nostra indipendenza, ma non a qualsiasi prezzo.


Kosovo e questione nazionale
Ibai Trebiño, membro di Kamaradak Sarea
http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/pose7n07-002359.htm
www.resistenze.org – popoli resistenti – serbia – 07-12-07 – n. 206
da "Gara" – www.gara.net/paperezkoa/20071127/50418/es/Kosovo/y/la/cuestion/nacional

27/11/2007
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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